Il segreto del longevo popolo degli Hunza? L’ignoranza
Una delle bufale storiche che ci viene richiesta parla del longevo popolo degli Hunza, una cartina di tornasole di ogni teoria del complotto.
Ognuno vede nella storia quello che vuole vedere: la base della bufala vede gli Hunza, o Buruscio che dir si voglia essere un popolo antichissimo di arzilli centennari: uomini e donne Burusci vivono fino a 120 anni, le donne partoriscono figli in salute fino ai 65 ed essi non conoscono le malattie.
I fautori delle “superdiete”, al confine dell’ortoressia, dichiareranno che il segreto della longevità dei Burusci è una misteriosa dieta vegana resa ignota agli Occidentali dai Poteri Forti, i novax diranno che i Burusci sono di fatto immortali perché non si vaccinano mai e non assumono medicinali, respiriani e affini diranno che il segreto degli Hunza sono i loro prolungati digiuni in cui sgranocchiano lieti solo semi di albicocca e così via.
Ma il segreto della longevità dei Burusci è sostanzialmente tutto nell’ignoranza: fino agli anni ’50 del XXmo secolo i Burusci non avevano una anagrafe e non contavano gli anni.
Il segreto del longevo popolo degli Hunza? L’ignoranza
Effettivamente uno stile di vita frugale aiuta a vivere a lungo: Sir Robert McCarrison, medico spesso citato come “scopritore degli Hunza” dichiarò infatti un certo interesse per la dieta frugale degli stessi (che come vederemo, non poteva comprendere digiuni interrotti dal masticare semi di albicocca), ma confermò la sua quantità di blefariti, cataratte e altri acciacchi tipici dell’età avanzata.
Primo punto: anche i Burusci o Hunza che dir si voglia, invecchiano.
E lo fanno come no. Nel 1950 invece il geologo John Clark si recò nelle valli dell’Hunza. Scrisse nel 1956 le sue osservazioni nel libro “Hunza, lost Kingdom of the Himalayas” con una visione un po’ più realistica della popolazione.
Durante il suo soggiorno Clark, che aveva una preparazione medica di base, curò seimila Hunza per varie malattie, dall’impetigine alla tubercolosi passando per la malaria, scoprendo che gli Hunza contavano gli anni a braccio.
John Tierney, giornalista nel New York Times, si recò nella valle dell’Hunza nel 1996, scoprendo una durata media della vita intorno ai 50 anni nell’entroterra che risale nelle zone vicine a strade e villaggi moderni, dove gli Burusci possono ricevere accesso a vaccini e medicinali.
Gli anziani analfabeti si attribuiscono a vicenda almeno una ventina di anni in più del dovuto, l’assenza di iodio falcidia le loro diete creando deficit neurologici in molti bambini e bronchite e malattie come dissenteria, tubercolosi, malaria, tetano e cancro sono comuni nei loro insediamenti, ma non lo sanno.
Tierney riporta un bizzaro dialogo con una signora anziana della tribù pronta a giurare che ai tempi della sua giovinezza i Burusci erano “forti come tronchi d’albero” e, pressata sul tema di aver avuto sedici figli di cui solo tre erano sopravvissuti all’età adulta, aveva risposto che ovviamente i tredici piccoli morti erano stati maledetti dalle fate perché troppo vigorosi e se le fate non fossero intervenute sarebbero stati longevi , aggiungendo trasognata che “Oggi non ci sono più le fate”.
E la dieta?
Gli Hunza sono un popolo di pastori. Non possono essere vegani dato che si nutrono di carne e latte di yak, direttamente o sottoforma di burro stagionato.
Se sgrannocchiassero davvero semi di cianuro per mesi, si sarebbero peraltro estinti per avvelenamento da cianuro.
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