La bufala di Don Massimo che massacra i Rom: dal giustiziere al Calendario dei Preti di Roma
Ci segnalano i nostri contatti il ritorno della bufala di Don Massimo che massacra i Rom, parte del filone delle bufale del giustiziere che è arrivato su TikTok.
Quel genere di bufale che sono anche una “red flag” colossale: chi le pubblica se non era una cattiva persona prima, ha dimostrato di essere diventata pessima solo pubblicandola e andrebbe espulso da ogni discussione civile. Parliamo di bufale volutamente allucinate in cui discetta amabilmente di violenze, massacri, mutilazioni e quant’altro come se la realtà fosse stata sostituita da un allucinato fumettazzo.
Partiamo da un punto: Don Massimo non esiste, la storia non esiste, esistono solo commentatori allucinati dalla violenza che sfogano il loro desiderio di violenza brutale e speriamo non siano mai titillati abbastanza dall’abbattere le ultime remore morali che li portano a sognare scene da “Arancia Meccanica” senza ripeterle
La bufala di Don Massimo che massacra i Rom: dal giustiziere al Calendario dei Preti di Roma
Don Massimo non esiste. È un modello, ora decisamente più anziano, parte del celebre “Calendario dei Preti” di Roma, calendario in bianco e nero contenente foto di personaggi in abito talare e informazioni varie sull’Urbe rivolta ai turisti che, comprando per pochi spicci un calendario un po’ naif, si ritroveranno con una mini-guida al turismo e un oggettino di collezionismo.
Esiste un ricco filone di cui abbiamo parlato, la “bufala del Giustiziere”.
Un filone eterno basato sul solleticare le fantasie più violente del pubblico. Quel genere di pubblico che quando ad esempio gli abbiamo parlato degli “offendicula”, sono accorsi in massa a spiegarci perché era giusto secondo loro attaccare lamette affilate alle loro automobili per mutilare bambini curiosi e vandali in cerca di fregi e perché non avremmo dovuto rimproverare tali perverse fantasie.
La bufala del giustiziere è sempre uguale e segue un canovaccio
“Tizio è un personaggio umile e scelto tra le figure ‘amate dal popolo’ che si imbatte in una ingiustizia. Siccome ‘la kasta e i poteri forti’ non difendono Tizio e gli altri umili, Tizio diventa un allucinato e violento vigilante. Egli accosta le persone responsabili dell’ingiustizia, solitamente minoranze invise al villano medio della Rete come nomadi, stranieri e migranti, oppure rappresentanti della ‘kasta’ come medici, politici e notabili e con brutale violenza infligge loro mutilazioni e lesioni corporali descritte con un parossistico dettaglio e una compiaciuta raffigurazione immaginifica violenta. Tizio lascia la sua vittima in fin di vita o permanentemente mutilata e i ‘Poteri Forti’ lo puniscono”
La narrazione si conclude sempre con l’invito a cliccare e condividere per esprimere solidarietà al “Giustiziere de no’artri”, rendendo così gli istinti peggiori e violenti del pubblico una fonte di profitto.
Questa variante poi l’avevamo affrontata nel 2016 e a febbraio di quest’anno, ma è tornata uguale.
Vi invitiamo a pensare ad una cosa: se nella vita di tutti i giorni incontraste un individuo che esprime rumorosamente il desiderio di percuotere una persona e lasciarla invalida a vita, probabilmente la evitereste e/o allertereste chi di dovere.
Perché sui social tale atteggiamento dovrebbe essere non solo consentito ma incoraggiato?
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