Perché una piccola correzione di un programma si chiama una patch software?

di Shadow Ranger |

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Perché una piccola correzione di un programma si chiama una patch software? Bufale.net

Perché una piccola correzione di un programma si chiama una patch software? È una domanda che ha una facile risposta. Potremmo pensare perché come una toppa, la traduzione letterale del termine “patch”, è una piccola cosa che rende nuovamente usabile un tessuto logoro.

Perché una piccola correzione di un programma si chiama una patch software?

Perché una piccola correzione di un programma si chiama una patch software?

Ma in realtà la spiegazione è molto più prosaica: un tempo rappezzavamo fisicamente i media su cui i programmi erano caricati.

Perché una piccola correzione di un programma si chiama una patch software?

Ne abbiamo parlato nella rubrica settimanale retro: per un lungo periodo precedente la storia dell’informatica moderna stessa, uno degli strumenti con cui produrre e distribuire software erano schede e nastri di carta perforati.

La prima scheda perforata appare nel 1725 come strumento per alleggerire il lavoro dei telaisti, e nello stesso anno appare il problema più evidente della stessa.

Immaginate di aver creato una serie di schede perforate che nel 1700 magari servivano per regolare trama e ordito di un telaio, nel 1800 per archiviare, salvare e diffondere messaggi telegrafici e nel 1900 per caricare programmi su un computer.

Chiudemmo l’analisi in quell’articolo con un esempio che evidenziava il punto debole delle schede perforate: un esempio citato da Clive Maxfield. Può capitare ancora oggi che un programmatore si imbatta in un errore. Poco male, penserà, troverò l’errore nel mio codice e lo sistemerà.

Come vedremo era una realtà comune per buona parte degli utenti di home computer negli anni ’80. Ma immaginate di aver elaborato qualche decina di schede perforate. Siete pronti per il Centro Elaborazione Dati.

Ma al CED c’è una lista di attesa più lunga di un locale di Briatore e quindi passano giorni. Finalmente siete pronti e vi rispondono “Eh, mi dispiace, c’era un errore nella terza scheda, sappiamo qual è, ma tu torna a casa, riprepara la scheda e riprova”.

E magari poi saltava fuori un altro errore.

A questo punto se avevi abbastanza fortuna da individuare con precisione la scheda dove c’era l’errore, o il punto del nastro sbagliato potevi riperforare l’intera scheda o tutto il nastro sperando di non fare altri errori.

Oppure attaccare un pezzo di adesivo sottile sul punto “sbagliato” e riperforarlo giusto.

Anche questo funzionava: avevi così installato “una patch”, ovvero una toppa.

Un’altra possibile etimologia deriva però dal linguaggio telefonico, dove “patching” era l’atto con cui si modificavano i collegamenti telefonici fisicamente collegando e scollegando cavi, o agendo direttamente sui panneli.

L’etimologia comunque legata alla “toppa” è coerente col concetto di “looping” (programma ripetuto, con un nastro congiunto da un pezzo di adesivo), e fa da contraltare all’etimologia che vede il bug nato come termine che indicava gli insetti che inteferivano col funzionmento dei primi computer, provata invece un falso storico.

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