Arrivano su eBay duemila esemplari del NABU, il primo cloud PC della Storia
Arrivano su eBay duemila esemplari del NABU, il primo cloud PC della Storia dalla storia incredibile. Un vero e proprio fallimento commerciale degli anni ’80, forse perché troppo avveniristico rispetto ai suoi tempi, che ora passa da raro oggetto del desiderio a oggetto del desiderio che “vola dagli scaffali” come in un Black Friday con 40 anni di ritardo.
Il NABU era infatti un buffo incrocio tra le moderne Set Top Box e il moderno Cloud Computing. Riassumendo dal linguaggio tecnico, era un computer in grado di scaricare programmi e servizi con una connessione dati permanente che, per motivi di tecnologia, avveniva mediante l’antenna TV.
Cosa è il NABU, il primo cloud PC della Storia
Vi stupirà sapere, ma stupirà ben poco i più vecchi tra voi, che prima della Banda Larga, anzi prima delle connessioni Internet per uso civile, il modo più agevole per diffondere e distribuire dati erano radio e Televisione.
Negli anni ’80 Radio 3 infatti aveva un servizio, “Radiotext” (poi “Radiosoftware”), che consentiva di registrare cassette audio con un segnale incomprensibile all’orecchio umano che, se registrato con un volume idoneo e un’apparecchiatura almeno decente, avrebbe consentito di avviare programmi dal lettore cassette di computer dell’epoca come il Commodore 64, lo Spectrum e gli Olivetti Prodest.
Solo in Giappone c’erano già servizi via satellite, come il Satellaview per il Supernintendo, che offrivano minigiochi e grandi successi di cassetta in abbonamento satellitare.
Per i comuni mortali la strada verso l’informazione digitale passava dai servizi Teletext come il Televideo o, in un afflato visionario tipico del Canada, il NABU.
Il NABU era un vero e proprio home computer, diretto antenato dei primi personal Computer, con lo stesso processore Zilog 80 usato in moltissimi dispositivi a 8 bit della sua generazione (ZX Spectrum, ColecoVision… ), privo però di memorie di massa (disponibili solo per gli sviluppatori, per ovvi motivi… ovvero il fatto che loro avrebbero dovuto scrivere i programmi che poi sarebbero arrivati agli esemplari di serie in un altro modo, più intrigante).
Invero, la mancanza di memorie di massa era tipica di molti computer della sua generazione: gli stessi VIC20 e Commodore 64 richiedevano di comprare un Datassette o un lettore floppy 1541 (o i primi 1540) a parte, confinando i ragazzini che avessero ricevuto il desiderato computer per Natale ma senza accessori ai programmi che potevano copiare a mano da riviste specializzate, sapendo che le righe di codice faticosamente ricopiate sarebbero sparite dopo uno spegnimento.
Il NABU aveva risolto il problema in modo diverso: una connessione costante all’antenna TV, unita ad un abbonamento dal valore di 10 dollari canadesi ti consentiva di usare programmi scaricati al volo da un server centrale restituendovi input.
NABU infatti è sia il nome del dio assiro della saggezza e della scrittura (quindi, in modo postumo, dell’Informatica stessa) che un acronimo per Natural Access to Bi-directional Utilities, accesso naturale a tecnologie bidirezionali.
Immaginate un “set top box”, un adattatore tipo SmartTV con una specie di televideo. Immaginate che questo Televideo vi fornisca programmi di produttività (foglio di calcolo, videoscrittura), linguaggi di programmazione e persino videogiochi tra cui un “Fanta-baseball” aggiornato coi dati delle leghe dell’epoca.
Il fallimento del NABU
Per capire perché il NABU fu un flop commerciale, immaginate di dover comprare un NABU per 900 dollari canadesi (circa milleottocento euro odierni, calcolando l’inflazione) per poi pagare l’abbonamento a parte.
Non c’era altro modo di collegarsi al NABU Network, neppure quando gli altri home computer dell’epoca acquisirono la capacità di collegarsi ad Internet a servizi come BBS e affini.
Inoltre NABU era bidirezionale, ma esattamente come nel passaggio da analogico a Digitale Terrestre molti di noi hanno scoperto che gli impianti antenna adatti a ricevere passabilmente un segnale analogico erano insufficienti all’uso per il DTT, molti utenti scoprirono che il sistema di comunicazione bidirezionale pubblicizzato da NABU non era sempre disponibile per questioni di Rete.
Il NABU era un sistema rivoluzionario, ma del tutto proprietario, costoso, limitato dall’essere un prodotto avveniristico che si poggiava su una connettività desueta e presto raggiunto da dispositivi meno futuribili, ma in grado di caricare programmi “offline” in ogni condizione e senza le limitazioni di una bidirezionalità assente.
Insomma, su un Commodore 64 potevi sempre leggere e salvare i tuoi documenti, col NABU dipendeva tutto da un “cloud prima dei cloud”.
NABU Network Corporation, nata nel 1982 per vendere i NABU, chiuse per sempre i battenti nel 1985, rimpianta da nessuno. Almeno fino ad oggi.
La rinascita
Succede che nel 21mo secolo, con l’attenzione del pubblico per la tecnologia dei RetroComputing, anche un fallimento commerciale come NABU ha potuto rinascere dalle sue ceneri.
Nel 2009 i Canadesi riscoprono con orgoglio il NABU che riappare nei musei e riceve emulatori funzionanti.
I più famosi volti della Retro-Informatica, come Adrian Black di “Adrian’s Digital Basement” dedicano video e approfondimenti ai NABU, con Adrian che riesce a procurarsene uno per esaminarlo suggerendo modi per continuare ad usare i NABU sopravvissuti ai giorni nostri, stimolando gli originali creatori del NABU a lanciare progetti per dare nuovi programmi alla serie, trovando modi per collegare i vecchi NABU ad Internet e non ad un segnale TV analogico ormai defunto.
NABU ha ora un nuovo sito internet con la presentazione di tutti i programmi necessari a rianimare un NABU e portarlo nel 21mo secolo.
Ma a questo punto vi farete tutti una domanda: se il NABU è stato un fallimento così grande, e se il NABU è stato venduto solo in Canada, chi avrà mai un NABU funzionante oggi?
Arrivano su eBay duemila esemplari del NABU, il primo cloud PC della Storia
Entra ora in scena James Pellegrini del Massachusetts, possessore di ben 2200 NABU “new old stock” (termine che indica un prodotto mai uscito dalla scatola e che mai ha raggiunto gli scaffali di vendita) comprati direttamente da NABU Network Corporation dopo la fine della sua avventura commerciale.
Il piano A di Pellegrini era brillante ma ingenuo: riciclare i NABU tra il 1989 e gli anni ’90 come terminali/dispositivi di telefonia per collegare ditte ed enti commerciali.
Piano ovviamente fallito anche perché a quel punto era arrivata Internet e persino in Italia per 499mila lire potevi comprarti un Commodore 64C connesso ad Internet con abbonamento ai servizi VideoText di SIP.
Questo, e l’arrivo di connessioni Internet sempre più veloci per tutti gli anni ’90, arrivano all’attuale mondo della Banda Larga, costrinse Pellegrini a lasciare i suoi 2200 NABU in un lungo sonno in un magazzino in campagna durato 33 anni.
Ancora mentre leggete queste righe, probabilmente farete in tempo a comprare un NABU per 120 dollari (spese di spedizione escluse), fino a esaurimento dei pallet.
Arrivati a tale obiettivo, anche Pellegrini si unirà a tutti i programmatori che stanno dando nuova vita al NABU.
Non è la prima volta che un servizio online dipendente da server non più esistenti e hardware desueto trova nuova vita: i Nabaztag, teneri coniglietti di plastica parlanti antenati di servizi smart come Alexa e simili nati e dismessi nella prima decade del 2000 hanno infatti nuovi server amatoriali che li tengono ancora attivi, esattamente come sta accadendo per gli ancora più antiquati NABU.
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