I novax scoprono la “bufala dell’indio” lanciata dal Mainstream, ma in realtà si confondono con Google
I novax scoprono la “bufala dell’indio” lanciata dal Mainstream, e questo già sarebbe un momento di divertimento.
Intendiamo, i novax che al grido di “ecco che buffale ha scritto la buffala!” e “il mainstream che dice le bufale” cercano di rubarci il lavoro.
Cosa che accetteremmo, intendo. Il nostro non è lavoro, ma volontariato. Se altri facessero ricerca delle fonti in modo approfondito, noi potremmo riposarci. Anche dividerci l’opera, senza pregiudizio alcuno.
Se gli altri facessero ricerca delle fonti. Intendo, cliccare anche dentro gli articoli. Che sono come i libri. Stampati anche dentro.
Da un lato quindi abbiamo la storia, leziosa ma documentata, di un indio che decide di portare il padre anziano ad un centro vaccinale distante chilometri.
Dall’altro abbiamo una aberrazione di Google chiamata “bufala dell’indio” che mostra un articolo del 2015 (che in originale non aveva immagini), con le immagini dell’articolo “trending”, ovvero di rilevanza, nel box di anteprima generato automaticamente dalla piattaforma.
Con alcuni pronti a giurare di aver visto la scena in un film
Sì, una commedia di Quentin Inventino.
In realtà quello che i nostri amici novax non hanno mai fatto è aprire il link di cui Google News ha sbagliato l’anteprima.
Perché è troppo facile fare la screen di qualcosa che neppure leggi e costruirci un romanzo sopra.
Più difficile è aprire il link, questo, che è relativo ad un pezzo che parla di economia.
Abbiamo già visto qualcosa del genere accadere.
Accadde quando il Quotidiano “La Nuova Padania” fu accusato di usare foto falsificate perché Google News aveva “arricchito” un loro articolo con foto apparse nel “footer”, la sezione in fondo alla pagina con le anteprime dei pezzi più cliccati.
Ora come allora, vi ricordiamo, i link si aprono anche dentro.
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