“Corri Alice” e il lato oscuro della viralità
L’estrema viralità dell’hashtag “corri Alice” è uno dei misteri profondi della viralità.
Come possa una frase arrivare alla stessa carica di condivisione di “Cina” e “Pechino” è un caso noto al voyeurismo della Rete
Mistero che possiamo risolvere immediatamente grazie all’aiuto della pagina “Perché è in tendenza”.
“Corri Alice” e il lato oscuro della viralità
Vi risparmiamo il video, uno per la sua estrema trivialità, due per le conseguenze inevitabili che la sua diffusione dovrà avere.
Ci sono delle ragazze, tra cui evidentemente la “Alice” della frase, incuriosite dalla presenza del loro idolo canoro, che corrono emozionate per rubare uno “scatto”, una foto al loro mito.
Fine. Stop.
È una storia così orrendamente banale che si ripete grossomodo dai tempi in cui Orfeo suonava la lira in pubblico.
Ci sono i personaggi famosi, gli idoli del Pop e ci sono i loro fan.
C’è Harry Styles, idolo del pop, che fa il turista a Venezia aspettando di girare un film e ci sono le sue fan.
Elvis Presley era pieno di fan adoranti e spesso urlanti che lo inseguivano ad ogni occasione, sbracciandosi ad ogni concerto e occasione pubblica nel tentativo di farsi notare.
C’è una sola differenza tra il 1950 e il 2021.
E credo l’abbiate capita.
La viralità e il gioco di prospettive
Possiamo pacificamente ritenere che il privilegio della gioventù sia essere appassionati e avventati.
Siamo certi che le ragazzine che negli anni ’50 urlavano al passaggio di Elvis “The Pelvis” Presley oggi sono signore dignitose e canute che guardano a quegli anni col sorriso, ricordando i tempi in cui si poteva essere avventati e appassionati.
Ma negli anni ’50 non c’era gente con lo smartphone pronta a filmare ragazzine avventate per gettarle in pasto alla folla e deriderle con accenti carnascialeschi.
Di retweet in retweet, c’è che bonariamente rimprovera tanto entusiasmo. Chi fa notare che basteranno una decina di anni perché per l’elusiva Alice una foto col suo idolo non sarà più il momento più bello della sua vita, e ce ne saranno molti altri.
C’è però chi coglie occasione per passare dall’ammirazione di un idolo alla derisione di una ragazzina.
Perché questi sono i social: finisci in tendenza per qualcosa che esiste da secoli, perché qualcuno si sente migliore solo se può ridere di qualcuno.
E poi, mi raccomando, tutti a condividere i vostri #odiareticosta e #metoo.
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