Sospensione di Johnson&Johnson richiesta negli USA e allarmismo nostrano: non abbiamo imparato niente?
“Sospensione di Johnson&Johnson richiesta negli USA” è la notizia che stiamo leggendo in queste ore.
Non abbiamo però imparato niente: ne stiamo facendo meme e viralizzazioni novax senza costrutto, ma se ci fermassimo ai fatti arriveremmo a comprendere a quale finale arriveremo.
Sospensione di Johnson&Johnson richiesta negli USA, il fatto in sé
La questione è semplice: in America sono già state somministrate sette milioni di dosi del vaccino monodose J&J.
Vaccino monodose, il che significa che la profilassi termina con la somministrazione, cui aggiungere il periodo necessario perché il corpo costruisca l’immunità piena.
Evidenziamo: sei casi su sette milioni di somministrazioni.
Quando, come abbiamo visto col caso di AstraZeneca, il numero di complicazioni cardiocircolatorie in caso di contagio da COVID19 presenta statistiche ben più elevate e preoccupanti.
Quando, come abbiamo visto con AstraZeneca, esiste un numero minimo di casi di trombosi nelle coorti di non vaccinati.
In ogni caso, gli enti regolatori sono lì, appunto, per regolare.
In America ci sarà una breve sospensione per investigare sulla cosa, l’azienda ha deciso di rinviare l’invio dei lotti successivi al primo in attesa, anche in Italia ci saranno investigazioni.
Cosa aspettarsi?
Ma il caso AstraZeneca non vi ha insegnato niente?
«Le rare trombosi dovrebbero essere elencate come effetti collaterali molto rari del vaccino Vaxzevria di AstraZeneca». E’ quanto ha stabilito il comitato per la sicurezza dell’Ema (Prac) nelle conclusioni della riunione che si è svolta oggi. “Nel giungere alla sua conclusione – si legge nella nota – il comitato ha preso in considerazione tutte le prove attualmente disponibili, compreso il parere di un gruppo di esperti”. L’Ema ricorda agli operatori sanitari e alle persone “che ricevono il vaccino che devono essere consapevoli della possibilità che si verifichino, entro due settimane dalla vaccinazione, eventi rari trombotici associati a bassi livelli di piastrine nel sangue – prosegue la nota – Finora, la maggior parte dei casi segnalati si è verificata in donne con un’età inferiore a 60 anni ed entro 2 settimane dalla vaccinazione. Sulla base delle prove attualmente disponibili, i fattori di rischio specifici non sono stati confermati”. Secondo gli esperti di Ema “le persone che hanno ricevuto il vaccino devono chiedere immediatamente assistenza medica se sviluppano sintomi”.
Comunque, in giornata avremo un responso.
Probabilmente, una fascia di età preferenziale, una indicazione sul “bugiardino” e la consapevolezza che non esiste un complotto delle “Big Pharma” per ammazzarci tutti.
Non con percentuali di sei casi su sette milioni, non con blocchi precauzionali ed indagini ad ogni montar di dubbio.
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