Perché il ghepardo ha le macchie?
Tutti conosciamo Alan Turing per Enigma. Quello che non tutti sanno è che a questo geniale matematico dobbiamo anche la spiegazione di uno dei fenomeni più affascinanti che troviamo in natura. Vi siete mai chiesti come mai il ghepardo è maculato?
La risposta viene data da Turing nel 1951 nel suo articolo “The chemical basis of morphogenesis” nel quale introduce un modello basato sul processo di reazione e diffusione di due o più sostanze all’interno di un dato spazio, chiamato dominio.
Secondo Turing, per creare dei pattern all’interno di un dato dominio abbiamo bisogno di due ingredienti: almeno due sostanze diverse in differenti concentrazioni e un’instabilità iniziale all’interno del sistema considerato.
Se supponiamo di avere le due componenti in concentrazioni diverse, come otteniamo l’instabilità? Singolarmente, infatti, i due processi che consideriamo risultano essere stabili. Se consideriamo una qualsiasi reazione con due componenti A e B, dopo un certo tempo otterremo un prodotto C omogeneo e stazionario, e quindi invariato, nel tempo. Lo stesso avviene per la diffusione. Se immaginiamo per esempio, di mettere una bustina di tè nell’acqua calda, dopo un certo tempo otterremo che il tè si è completamente diffuso all’interno della tazza, e certamente non assistiamo alla creazione di strani pattern nella nostra bevanda.
L’intuizione geniale di Turing è che dalla stabilità viene generata instabilità. Mettendo insieme i due processi precedenti e inserendo una perturbazione iniziale, otteniamo all’interno del sistema un processo instabile che genera pattern, come quelli che vediamo sul ghepardo.
Tale processo è fortemente dipendente dalla dimensione del dominio: le macchie del ghepardo sono circolari sul corpo, e quindi su un dominio maggiore; diventano strisce o anelli sulla coda, ovvero al restringersi del dominio.
Nonostante non tutti i processi biologici possano essere spiegati con questo modello, ne sono stati osservati diversi che lo rispettano, come nel caso di alcuni batteri, oppure dei “Fairy circles” australiani. E tu, ne avevi mai sentito parlare?
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