“Che Guevara proibiva musica, bruciava libri, odiava i neri e trucidava i gay, in Italia viene usato come simbolo di uguaglianza e libertà”
Due anni dopo la nostra analisi ritornano i meme su Ernesto “Che” Guevara. A tutto ciò che è stato già detto e chiarito – le accuse di omofobia e di razzismo – si aggiunge che Ernesto Guevara fosse avvezzo a proibire musica e bruciare libri.
Proibiva musica, bruciava libri, odiava i neri e trucidava i gay, in Italia viene usato come simbolo di uguaglianza e libertà.
Ci ritroviamo, oggi, a riprendere quanto detto nell’analisi precedente.
Guevara il razzista
Per rispondere ai passaparola che inquadrano “el Che” tra i razzisti dobbiamo scomodare, nuovamente, i Diari della motocicletta. Un passaggio delle memorie di Ernesto Guevara – che ancora non era il rivoluzionario acclamato – è stato ripreso e distorto nel tempo, e non a caso nella nostra precedente analisi (vedasi link proposto in apertura all’articolo). Si tratta di un brano scritto da un Ernesto ancora 24enne, comodo nel suo status di uomo bianco che per la prima volta incontra la realtà delle “slums” – “baraccopoli” in Italia, per intenderci – e ne rimane colpito al punto di trascrivere le sue impressioni nelle sue memorie:
I neri, magnifici esemplari della razza Africana che hanno conservato la loro purezza mediante la loro scarsa dimestichezza col sapone, vedono il loro territorio invaso da un diverso tipo di schiavi: i Portoghesi. Queste due razze ora condividono un’esperienza comune, fatta di lotte e risse. Discriminazione e povertà li uniscono, ma le loro abitudini li dividono. I neri sono indolenti e festaioli, consumano il loro denaro in alcol e frivolezze; l’Europeo viene da una tradizione di duro lavoro e risparmio che in questo angolo di America nutre le sue aspirazioni e lo stimola ad andare avanti.
Lo sfondo era quello della Caracas in pieno boom petrolifero e al centro, come i Diari raccontano, c’era un Ernesto Guevara ingenuo che vedeva i “neri” nelle baraccopoli e ne tratteggiava l’aspetto più oscuro, facendo un po’ lo stesso lavoro dei mendicanti del web che oggi passano notti insonni per vomitare sul web le associazioni tra i migranti e gli iPhone. Ingenuo e oltremodo ignorante su certe dinamiche e certe popolazioni, quello era l’Ernesto Guevara razzistello nello zoo delle slums, quando ancora non era “el Che” e quando ancora non si era indignato per i crimini del Ku Klux Klan, per la discriminazione razziale in America e per l’imperialismo occidentale si definì un uomo cambiato:
Coloro che uccidono i loro stessi figli e li discriminano ogni giorno per il colore della loro pelle; coloro che lasciano liberi gli assassini dei neri, li proteggono e puniscono la popolazione di colore perché chiedono i loro legittimi diritti di uomini liberi – come osano costoro chiamarsi guardiani della libertà?
In poche parole, quel brano scritto dal “primo” Guevara viene costantemente strumentalizzato e decontestualizzato per rafforzare la tesi del “Che” razzista. Come in questo caso.
Guevara l’omofobo
Le accuse di omofobia contro Ernesto “Che” Guevara sono sempre correlate alle UMAP, le Unità Militari di Aiuto alla Produzione che erano nient’altro che campi di lavoro eretti a Cuba tra il 1965 e il 1968 e di cui lo stesso Fidel Castro si pentì ufficialmente nel 2010 nel corso di un’intervista al quotidiano messicano La Jornada.
Sostanzialmente, le UMAP erano l’equivalente del servizio civile obbligatorio e ad esse si aveva accesso se si era obiettori di coscienza (Testimoni di Geova, per esempio) o se non si era in diritto di accedere alla leva obbligatoria (i gay del regime castrista). Da semplici campi agricoli, tuttavia, le UMAP degenerarono in campi di concentramento con vessazioni che colpivano gli omosessuali e coloro che non avevano aderito alla Rivoluzione.
Cosa c’entra, in tutto questo, Ernesto “Che” Guevara? Negli anni Che Guevara è stato indicato come responsabile e fondatore delle UMAP, ma in primo luogo è bene ricordare che le UMAP furono fondate da Raul Castro, fratello di Fidel, anche perché in quegli anni El Che era impegnato nella guerriglia africana. Nel 1960 sorse un campo per lavori forzati a Guanahacabibes che in molte occasioni vengono descritti come strumenti di repressione contro i gay, in altre come campi di lavoro. La questione è meno grave? No, ma c’è ancora tantissima confusione intorno alla verità sul Che omofobo, ma le fonti concordano nel definirlo un “machista”.
Esiste una riflessione, tuttavia, che colloca la questione gay al periodo storico: i gay erano un problema per il Comunismo e non esattamente per la Rivoluzione e dunque per Ernesto Che Guevara. Dunque Che Guevara era omofobo o no? Non esiste una verità assoluta come non esiste una prova schiacciante: la storia dei rapporti tra il Che e il mondo LGBT si contraddice spesso e si ritiene che una collocazione all’interno della mentalità comunista sia sufficiente.
Guevara bruciava libri e impediva la musica
Su entrambe le affermazioni non esistono prove, ma nonostante questo si tratta di un passaparola tramandato negli anni senza fonti che ne confermassero la veridicità.
In conclusione: Che Guevara era razzista? Lo è stato in gioventù, poi ha cambiato idea; Che Guevara era omofobo? Non v’è certezza, ma tanta confusione dovuta alla disinformazione insieme a tanta decontestualizzazione; Che Guevara bruciava libri e proibiva la musica. No, nessuna fonte conduce a queste affermazioni.
Se il nostro servizio ti piace sostienici su PATREON o
con una donazione PAYPAL.