Rilasciati gli indagati per lo stupro della Circumvesuviana, perché è prematuro urlare “Stupratori liberi”
Il rilascio degli indagati per lo stupro della Circumvesuviana ha suscitato una serie di polemiche social.
Siamo ad uno tsunami di italianità: a volte nel suo senso migliore, a volte nel suo senso peggiore.
È tra le attribuzioni dell’italiano un cuore grande che freme davanti all’ingiustizia e la voglia di approfondire i temi della cronaca e del sociale: e questo è bene.
È anche tra le attribuzioni dell’italiano essere un Pico de’ Paperis o un Alberto Angela da tastiera, ovvero illudersi, come il personaggio immaginario e quello reale, di essere colti ed in grado di affrontare ogni discussione. Arriviamo così all’italiano medio: CT della Nazionale, giurista di pregio, economista, politico di lungo corso, ingegnere ed avvocato, carrozziere e meccanico, medico e scienziato finché non posa il boccale di birra al bar e poi, finito quel momento magico, un rissoso ed ignorante becero seduto ad un bancone che immagina scranno. E questo è male.
L’evoluzione social di tale individuo è l’Indinniato Speciale, colui che come il mitico Capitan Harlock che ha cambiato in astronave il suo velier per cercare la libertà negli spazi aperti del cosmo anziché negli oceani infiniti, ha deciso di barattare il bancone del lercio bar suo solito sfogatoio per le immensità della Rete, cercando così consenso ed uditorio più ampio.
Costringendoci quindi a dare, ancora una volta, delle doverose spiegazioni.
Riassunto delle puntate precedenti
In una stazione della Circumvesuviana viene ritrovata una ragazza, in lacrime, con tracce di violenza sul suo corpo.
Ella riferisce di essere stata trascinata a forza in un ascensore da tre uomini, allo scopo di consumare su di lei brutale violenza e, effettivamente, sul suo corpo vi sono tracce della stessa.
Di seguito, i giornali titolano che gli indagati sono stati scarcerati, ingenerando nell’Italiano medio la convinzione che essi siano stati liberati da ogni accusa, che si possa stuprare impunemente, spingendo così vari interventi, anche coinvolgendo una querelle tra la politica nazionale e l’Associazione Nazionale Magistrati, che affida un comunicato alle varie redazioni giornalistiche che, curiosamente, abbiamo visto riportato per intero e col giusto risalto, non per estratto commentato, in poche fonti, come dai colleghi di BUTAC
“Il post apparso alle ore 12.31 sul profilo Facebook dell’onorevole Luigi Di Maio è inaccettabile oltre che intrinsecamente contraddittorio. Il ministro usa la parola “vergogna” a fronte di una decisione la cui motivazione non è a lui nota, perchè non ancora depositata. Parla di “presunti violentatori”, implicitamente ammettendo che i fermati per lo stupro della Circumvesuviana possano essere non colpevoli; poi però esprime dei giudizi incomprensibilmente perentori e definitivi, come se quanto narrato dagli organi di stampa fosse l’unica e sola verità possibile e il processo fosse un inutile dispendio di energie”.
E ancora: “Noi che non conosciamo i motivi dell’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere ci asteniamo da ogni commento sul merito della vicenda processuale, consapevoli che il procedimento farà il suo corso e che l’ordinamento prevede, per ogni giudizio penale, una progressione procedimentale per stadi e gradi successivi, fisiologicamente destinata a formare una verità processuale in divenire. Ribadiamo con forza però che la decisione del Tribunale del Riesame di Napoli non può essere presentata come una conferma dell’assunto secondo cui la magistratura è responsabile, per un suo immotivato atteggiamento buonista, del verificarsi di gravi episodi di criminalità. In questo modo si finisce per lanciare un anatema non contro la magistratura, ma contro la stessa idea di giustizia, contro i principi fondamentali ed ineludibili di ogni aggregazione civile, contro il diritto di difesa e la presunzione di non colpevolezza costituzionalmente garantiti a qualsiasi indagato. Additare la magistratura come responsabile dei mali della società significa commettere un imperdonabile misfatto, quello di manipolare la realtà. E questo non lo possiamo permettere”.
Evidenziamo il punto focale, e faremo del nostro meglio, come sempre facciamo, per cercare di riassumere un linguaggio corretto, ma giusto, in un linguaggio non solo corretto, ma adatto e leggibile ad un pubblico con conoscenze e competenze pari a quelle di un ragazzino di 14 anni mediamente scolarizzato e diligente.
Facciamo quindici dato il tema scabroso: non vorremmo mai associazioni genitoriali alle calcagna.
Giudici buonisti! Liberate gli stupratori!! Al rogo, giustizia popolare giusta catene forche!
Un attimo, miei simpatici amichetti forcaioli.
Ci costringete a spiegare per l’ennesima volta la differenza tra cautelare e merito.
Basta una sola lettura del nostro codice penale, che sicuramente avrete tutti in casa perché è vostro dovere di cittadini (altrimenti ve lo scaricate gratis da Internet, ma il fatto che non abbiate una ventina di euro per un codice rilegato ci pare ben grave…) per riconoscere che l’essere umano esiste nello stato allotropico (parolone, scusate: nelle diverse varianti) di innocente, colpevole e, nel mezzo, indagato e imputato.
Siccome siamo ancora in uno stato di diritto, precede lo status di colpevole o innocente quello di indagato e imputato: si cominciano le indagini quindi, e una volta raccolti gli elementi, come in un RpG, passi di status ad imputato, vieni sottoposto ad un processo penale per i capi di imputazione indicati e puoi, infine, evolvere in condannato o tornare alla condizione naturale di innocente.
Va da sè che la sanzione, nel caso del delitto corrispondente alla reclusione e/o multa e nel caso della contravvenzione all’arresto e/o ammenda non può essere oggettivamente irrogata prima della condanna, ovvero del passaggio allo status di condannato.
Fino a prova contraria, sia l’imputato che l’indagato restano, agli occhi della legge e costituzionalmente, innocenti fino a prova contraria, acquisendo però uno status che comporta una serie aggiunta di situazioni, come il dover restare a disposizione dell’autorità per le indagini di rito o il doversi sottoporre ad un processo. Ne abbiamo parlato.
Quindi semplicemente nessuno ha veramente liberato qualcuno, quindi non ha senso parlare di “liberazione”: gli indagati restano indagati
Però non sono più in galera kastone! Perché non sono in galera? Mi spieghi perché sono stati rilasciati gli indagati per lo stupro della Circumvesuviana? Non è che Bufale è la buffala?
Come vi abbiamo già detto, vi sfidiamo a ripetere la frase “Non è che Bufale è la buffala”, vi sfidiamo due volte col tono di Samuel L. Jackson che interpreta Jules Winnfield
E nel frattempo, ci costringete a ripetere una nostra spiegazione, valida per il caso rilasciati gli indagati per lo stupro della Circumvesuviana e per ogni singolo caso in cui un indagato viene “scarcerato”
Infatti, tutti i giornali che avreste dovuto leggere prima di indinniarvi non parlano di una decisione della Corte d’Assise, bensì di una decisione del Tribunale del Riesame. Tenetelo a mente, ne riparliamo.
Cos’è il Tribunale del Riesame? Non sono sempre giudici?
Il Tribunale del Riesame non si occupa della condanna in sé.
Il Tribunale del Riesame, contrariamente a quanto fanno pensare i commenti indinniati scaturiti dall’articolo, non si occupa di dichiarare le colpe, ma si occupa delle sole misure cautelari coercitive, come ex art. 309 cpp
1. Entro dieci giorni dalla esecuzione o notificazione [293] del provvedimento, l’imputato può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, della ordinanza che dispone una misura coercitiva [281-286], salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di appello del pubblico ministero [310] (1) (2) (3).
2. Per l’imputato latitante [296] il termine decorre dalla data di notificazione eseguita a norma dell’articolo 165. Tuttavia, se sopravviene l’esecuzione della misura, il termine decorre da tale momento quando l’imputato prova di non aver avuto tempestiva conoscenza del provvedimento.
3. Il difensore dell’imputato può proporre la richiesta di riesame entro dieci giorni dalla notificazione dell’avviso di deposito dell’ordinanza che dispone la misura [293 3, 296 2].
3-bis. Nei termini previsti dai commi 1, 2 e 3 non si computano i giorni per i quali è stato disposto il differimento del colloquio, a norma dell’articolo 104, comma 3.
4. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7. Si osservano le forme previste dagli articoli 582 e 583 (4).
5. Il presidente cura che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno (5), trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell’articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini (6).
6. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi e l’imputato può chiedere di comparire personalmente. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare nuovi motivi davanti al giudice del riesame facendone dare atto a verbale prima dell’inizio della discussione(9).
7. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del luogo nel quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza.
8. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall’articolo 127. L’avviso della data fissata per l’udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 e, se diverso, a quello che ha richiesto l’applicazione della misura; esso è notificato, altresì, entro lo stesso termine, all’imputato ed al suo difensore. Fino al giorno dell’udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia.
8-bis. Il pubblico ministero che ha richiesto l’applicazione della misura può partecipare alla udienza in luogo del pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7. L’imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha diritto di comparire personalmente(9).
9. Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare l’inammissibilità della richiesta, annulla, riforma o conferma l’ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza. Il tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all’imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso (7). Il tribunale annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene l’autonoma valutazione, a norma dell’articolo 292, delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa. (9)
9-bis. Su richiesta formulata personalmente dall’imputato entro due giorni dalla notificazione dell’avviso, il tribunale differisce la data dell’udienza da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni se vi siano giustificati motivi. In tal caso il termine per la decisione e quello per il deposito dell’ordinanza sono prorogati nella stessa misura(10).
10. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame o il deposito dell’ordinanza del tribunale in cancelleria non intervengono nei termini prescritti, l’ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata. L’ordinanza del tribunale deve essere depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione salvi i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni. In tali casi, il giudice può disporre per il deposito un termine più lungo, comunque non eccedente il quarantacinquesimo giorno da quello della decisione(8)(9).
Sì, ma non basta buttarli in cella? La fondamentale differenza tra Misure Cautelari e Sanzione
Allora non leggete. Si parla, evidentemente, di misure cautelari.
Le misure cautelari sono dei provvedimenti emessi nel periodo intercorrente tra l’inizio del procedimento penale e l’emanazione della sentenza. Vengono adottati dall’autorità giudiziaria per evitare che si verifichino alcuni pericoli; nello specifico i pericoli che l’adozione vuole scongiurare sono: 1) difficoltà nell’accertamento del reato; 2) difficoltà nell’esecuzione della sentenza; 3) possibilità che vengano compiuti altri reati o che si aggravino le conseguenze di un reato.
Presentano determinate caratteristiche: sono strumentali al procedimento penale perchè mirano ad evitare che si verifichino i summenzionati pericoli; per le stesse ragioni sono anche provvedimenti urgenti; sono incidentali in quanto è necessaria l’esistenza di un procedimento penale; agli atti deve sussistere una prognosi di colpevolezza che però, in ossequio all’art. 27 Cost., comma II, deve essere ponderata alla luce del principio di presunzione di innocenza fino alla definitività della sentenza; sono provvedimenti immediatamente esecutivi, sebbene provvisori, in quanto oltre a venir meno con l’emissione della sentenza definitiva, possono essere revocate o modificate; sono impugnabili tramite i meccanismi previsti dal codice (riesame, appello e ricorso per Cassazione); sono espressamente tipizzate dalla legge; infine possono essere disposte solo con un provvedimento del giudice di cui la giurisdizionalità delle stesse.
Detto in parole semplici: siccome siamo ancora in uno stato di Diritto, nel quale nessuno può essere dichiarato colpevole se non in forza di sentenza passata in giudicato, nel frattempo comunque lo Stato ha il diritto di assumere dei provvedimenti tali da limitare le capacità del reo di ripetere un reato.
Ma siccome il diritto penale è comunque l’ultima risorsa dell’ordinamento, ed abbiamo superato da diversi secoli il Medioevo in cui le pene venivano irrogate a caso, senza sanzione, anche le misure cautelari vengono irrogate in un rigoroso ordine gradato, in cui la misura cautelare “carceraria” è l’ultima possibile ed irrogabile.
Un elenco di criteri è contenuto nell’art. 275 cpp, a cui si rimanda per la disamina
Eh, allora perché li hanno scarcerati?
E chi siamo noi, Mago Merlino con la palla di cristallo?
Una sentenza, come anche il provvedimento de quo, è composta di una serie di parti: una parte motiva, ad esempio, che spiega le motivazioni della sentenza in modo preciso ed inoppugnabile, parte essenziale.
Un dispositivo, brutalmente la parte che spiega cosa bisogna fare.
Nel mezzo gli obiter dicta, parti della parte motiva che non sono essenziali alla decisione, ma sono messe lì per arricchire il ragionamento e renderlo fluido alla lettura, nulla di più.
Prima si descrive tutta la situazione in ogni suo ambito, poi si indicano gli elementi fondanti per la decisione, in questo caso sulle misure cautelari.
Corretto?
Il problema è che il dispositivo viene reso noto prima della parte motiva: il motivo è evidente. Devi collazionare una sentenza, spesso lunga pagine e pagine, devi prepararla per la diffusione.
Quindi prima diffondi il dispositivo, poi in seguito, diffondi la motivazione.
Come facciamo a discettare del dispositivo se non abbiamo letto le motivazioni?
Come ricorda l’ANM, ogni discussione va rimandata a quel momento: non possiamo semplicemente partire all’attacco a casaccio.
“Eh ma allora non volete punirlo il cattivone!”
Certo che vogliamo punirlo, popolo della Rete. Ma dopo una legittima sentenza, e nel frattempo gradiremmo che sia sottoposto alle misure cautelari previste, stabilite coi criteri dell’art. 275 cpp.
In seguito, alle misure cautelari seguirà una sentenza. Potrebbe essere assoluzione, potrebbe essere condanna, il fumus parrebbe portare alla condanna, ma al momento non è questo il punto.
Ci rivedremo dopo la sentenza, e non un minuto prima.
Sì, ma sono liberi!
Il rito cautelare serve per evitare la reiterazione del reato, il pericolo di fuga e l’inquinamento delle prove.
Senza quell’essenziale scopo di cui abbiamo parlato. E non esclude che un soggetto che ha avuto cautelari particolarmente lenienti, o non ne ha ricevuti affatto, resti libero di reiterare, fuggire o inquinare: se il soggetto non dovesse ottemperare, in quel caso allora il Tribunale vi farebbe contenti, sia applicherebbe l’art. 276 cpp e le misure cautelari sarebbero rimodulate al gradino successivo… fino alle misure cautelari detentive
1. In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell’entità, dei motivi e delle circostanze della violazione (1). Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva [287 ss.], il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva [280, 299 4].
1-bis. Quando l’imputato si trova nelle condizioni di cui all’articolo 275, comma 4bis, e nei suoi confronti è stata disposta misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, il giudice, in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti alla diversa misura cautelare, può disporre anche la misura della custodia cautelare in carcere. In tal caso il giudice dispone che l’imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie (2).
1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizione degli arresti domiciliari concernenti il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità (3).
Riassumendo, possiamo assumere che le misure cautelari sono diverse dalla reclusione: la seconda arriva alla fine di un percorso, la prima accompagna l’imputato durante il procedimento come mezzo per tenerlo d’occhio.
E possiamo aggiungere che, in quanto difformi dalle pene della reclusione e/o della multa, le misure cautelari segono un binario diverso da quello delle pene indicate.
E quindi?
E quindi, sia pur auspicando una sentenza di merito che faccia giustizia e accerti l’accaduto, col massimo rispetto per il dolore della vittima, ora mi fate tutti il piacere di tacere ed aspettare il deposito della motivazione.
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