Stefano, il ragazzo sgozzato in strada da un nordafricano e che non interessa a nessuno
Chi non è avvezzo alla pubblicazione di articoli sull’Internet potrebbe non conoscere gli strumenti di debugging, e probabilmente lo stesso discorso vale per gli autori di Leggilo.org, un sito che il 4 marzo ha pubblicato un articolo sull’omicidio di Stefano Leo con il titolo: “Giovani e anziani da tutto il mondo per un ultimo saluto al caro Stefano». Sui social, invece, l’anteprima dell’articolo tradisce un mancato passaggio di debugging e ci svela l’ennesimo tentativo di clickbaiting:
Il titolo, come si può vedere, diventa:
Stefano, il ragazzo sgozzato in strada da un nordafricano e che non interessa a nessuno.
Ora gli autori hanno corretto il tiro:
Il titolo clickbait che ancora compare sui social contiene due errori gravi:
- Non è ancora nota l’identità dell’assassino e tanto meno la sua provenienza geografica;
- La notizia dell’omicidio di Stefano Leo è comparsa sui principali organi di stampa, dunque affermare che la sua morte non sia di pubblico interesse è un depistaggio infantile.
L’omicidio di Stefano Leo
Alle ore 11 del 23 febbraio un uomo veniva ucciso in pieno centro a Torino. Stefano Leo veniva da Biella ma lavorava a Torino. Quella mattina percorreva il Lungo Po Machiavelli e lì riceveva il colpo mortale, dopodiché era salito sulla scalinata verso corso San Maurizio per poi accasciarsi all’incrocio con via Napione. Un testimone aveva raccontato di averlo visto intorno alle 11 mentre tentava di fermare le vetture in transito nella speranza di ricevere soccorso. Stefano Leo era stato accoltellato alla gola da uno sconosciuto, e dall’autopsia riportata da Repubblica emerge che la vittima ha ricevuto un solo fendente e, con molta probabilità, è stato sorpreso alle spalle. Non vi è stata alcuna lotta tra i due, quindi, in quanto Stefano Leo indossava le cuffie anche una volta accasciatosi al suolo e il suo corpo non mostrava altre contusioni, bensì solamente una profonda ferita alla gola provocata da una lama affilatissima.
Secondo un dettagliato articolo di Repubblica gli investigatori sono in possesso di un video in cui è possibile vedere gli istanti dell’aggressione: il killer stava seduto su una panchina e, quando aveva visto Stefano arrivare, si era messo a frugare in una borsa di tela. A quel punto aveva atteso che la vittima gli passasse davanti per poi tallonarla, bloccarla e sgozzarla con un gesto deciso.
Il movente e l’assassino
Secolo d’Italia riporta che gli investigatori hanno escluso l’ipotesi della rapina, in quanto Stefano Leo aveva con sé il suo cellulare e il suo portafoglio anche dopo l’aggressione. Secondo Secolo d’Italia gli inquirenti sono a caccia di un uomo con i capelli rasta e una scritta rossa su un giubbotto, ma non vengono forniti altri dettagli.
Le dinamiche dell’omicidio si sono consumate in appena 20 secondi: in quel lasso di tempo l’assassino – seduto su una panchina – si è alzato, ha colpito Stefano ed è fuggito. Questa ricostruzione è stata resa possibile dall’incrocio dei dati pervenuti dalle videocamere di sorveglianza e dalle testimonianze. Il 23 febbraio alle 11:04 una videocamera immortala la fuga dell’assassino attraverso la scalinata che dal Lungo Po Machiavelli conduce al centro di Torino. Pochi istanti dopo è possibile vedere Stefano Leo fare capolino verso via Napione che si getta sull’asfalto, agonizzante. Alle 11:26 esalerà l’ultimo respiro.
Dai fotogrammi che immortalano la fuga dell’assassino emerge che si tratta di un ragazzo alto circa 1,75, di corporatura longilinea e dall’abbigliamento sportivo. Il volto dell’assassino, però, non è dettagliato.
Il testimone
Un uomo che stava passando con il cane al guinzaglio ha raccontato che l’assassino era lì da almeno 40 minuti. Erano le 10:20 del 23 febbraio, infatti, quando l’uomo con il cane aveva visto l’assassino appostato. Dopo le 11, poi, lo stesso uomo col cane stava ripassando di lì e aveva visto Stefano agonizzante che si accasciava sull’asfalto, mentre lo stesso uomo visto in attesa fuggiva.
La Stampa riporta che gli investigatori si trovano al 40% delle analisi sul materiale raccolto dalle CCTV della zona, ma solo un filmato mostra la fuga dell’assassino e non rende possibile vederne il volto. Non è possibile, dunque, conoscere le generalità dell’aggressore e si sta procedendo con l’analisi dei dati contenuti nel telefonino della vittima, ma le indagini si rivelano complicate dagli innumerevoli codici impostati da Stefano nel suo iPhone.
Perché si parla di acchiappaclick?
Purtroppo, come in tantissimi altri casi, quando si parla di omicidio certi articolisti cercano subito di individuare un assassino in un nordafricano, nonostante gli investigatori non abbiano ancora fornito dettagli in merito. Ancora, è falso affermare che nessuno si sia interessato al caso, in quanto la storia dell’omicidio di Stefano Leo è comparsa sui principali organi di stampa.
Leggilo.org ha poi corretto il tiro, ma il titolo clickbait che parlava di un nordafricano e di una vittima ignorata da tutti è ancora presente nell’anteprima social dell’articolo.
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