Il caso Yazaki Italia, ovvero quello dei licenziamenti comunicati via messaggi telematici, si ripete a Bologna. Nel primo caso l’azienda di Torino aveva comunicato la cessazione del rapporto lavorativo attraverso la piattaforma Teams, e ce ne eravamo occupati in questo articolo. Il caso dei 90 facchini licenziati via WhatsApp è venuto fuori il 5 gennaio 2022, a seguito di una segnalazione pubblicata dal sindacato Si Cobas Bologna sulla pagina Facebook ufficiale.
Questo il testo riportato dal Si Cobas Bologna:
Buongiorno a tutti, vi comunico che con oggi 31 dicembre 2021 termina la nostra collaborazione, così come i vostri contratti, anche il nostro contratto è terminato. Purtroppo non è stato rinnovato, quindi il magazzino rimane chiuso. Questo a causa di tutte le vicende che conoscete bene e che hanno portato a questo risultato, errori fatti sicuramente da entrambe le parti. Nel mese di gennaio 2022 vi verrà corrisposto lo stipendio relativo al mese di dicembre e tutto il resto. Vi auguro buon anno.
“Nessuna spiegazione ai lavoratori – scrivono dal sindacato – nessuna motivazione apparente […]“. In seguito Si Cobas fa riferimento al passaggio sugli “errori fatti sicuramente da entrambe le parti”:
Quali gli errori che l’azienda aveva commesso? Lo sfruttamento, le irregolarità continue, la mancanza totale di sicurezza che in poco più di un mese aveva portato a quasi una decina di infortuni etc. E che errori avrebbero commesso i lavoratori? L’aver denunciato le irregolarità. Aver reso pubblico tutto ciò che accadeva nell’ennesimo luogo dello sfruttamento.
Il Resto del Carlino scrive che il 10 novembre si erano registrati momenti di tensione quando i lavoratori avevano protestato contro le ferie forzate disposte a circa 30 lavoratori “che avevano scioperato nelle settimane precedenti”.
Ancora, i Si Cobas fanno sapere che i 90 facchini licenziati via WhatsApp erano lavoratori precari assunti per 10 mesi – quindi con contratto a tempo determinato – e nei mesi scorsi avevano denunciato la mancanza di misure di sicurezza, richiedendo maggiori garanzie e controlli da parte delle autorità.
La domanda ricorrente è se i licenziamenti via WhatsApp siano legittimi. A questo quesito risponde il team di esperti de La Legge Per Tutti: il licenziamento via WhatsApp è da considerarsi legittimo se il ricevente dimostra di averlo ricevuto con una reazione (una risposta o un ricorso) ma la doppia spunta blu non è da considerarsi una dimostrazione. Troviamo approfondimento anche su Studio Cataldi.
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